Crisi d'Impresa
La rivoluzione culturale che salva l'azienda
La riforma del Codice della Crisi d’impresa ha apportato variazioni alla gestione fallimentare: ha introdotto nuovi strumenti e procedure, e riequilibrato la relazione tra soggetti coinvolti. Ma la vera rivoluzione parte dal concetto stesso di fallimento: si è abbandonata la vecchia terminologia, derivazione diretta della parola fallire, che portava con sé un corredo di giudizio, e di sconfitta non solo economica ma sociale.
Incentivare best practice per il superamento della crisi
Il decreto sulla Crisi d’impresa si pone l’obiettivo di diffondere una cultura del superamento della crisi, prima che essa sia irreversibile e comporti la definitiva chiusura dell’attività. Che in termini operativi significa:
- Incentivare all'azione preventiva, con strumenti d'indagine su indicatori specifici (alert)
- Promuovere la continuità operativa, salvaguardando personale ed esperienza aziendale.
La formula valida, per qualsiasi tipo di impresa
Affrontare momenti di crisi e d’insolvenza fa parte del gioco, ed’è un rischio implicito di ogni attività imprenditoriale, che può essere facilmente previsto con l’analisi costante degli indici di allerta. Temporeggiare, o fare finta di niente può essere fatale. Può invece aiutare:
- Analizzare il problema;
- Verificare tra le scelte a disposizione quella che genera meno perdite
- Agire in fretta
La riforma del Codice della Crisi d’impresa, approvata a gennaio, introduce modifiche al Codice Civile nell’ambito della regolamentazione della crisi fallimentare. Il provvedimento ha allineato le procedure italiane a quelle già adottate in altri paesi europei, condividendone modalità e obiettivi.
Fallire non è più tra le opzioni
Potrebbe riassumersi così, in estrema sintesi, "failure is not an option".* Nelle modifiche previste dal nuovo codice della Crisi d’impresa, ci sono tutti i presupposti affinché l’imprenditore, che versi in una situazione di difficoltà, possa trovare alternative prima di arrivare alla dichiarazione di fallimento. Gli obiettivi sono due:
- Incentivare la diagnosi preventiva di situazioni di crisi e d'insolvenza;
- Tutelare la continuità aziendale, offrendo alternative all'esecuzione giudiziale (ex fallimentare).
Ce n’è anche un terzo in realtà: rivoluzionare il concetto stesso di fallimento, fin dalla scelta delle parole. È così che al posto del termine che si è sempre usato, con un corredo di disvalore per l’imprenditore che non centra i suoi obiettivi, la riforma usa liquidazione giudiziale, per definire la conseguenza estrema (ma statisticamente prevedibile) di un percorso di gestione della crisi e insolvenza, per cui la legge propone soluzioni preventive e alternative. Una situazione di difficoltà aziendale che dunque può essere gestita, dove il fattore tempo fa la differenza: più si agisce in anticipo, maggiore è la possibilità di preparare «con calma tutte le opzioni», e il fallimento per dirla alla Gene Krantz, non è una di loro. O quantomeno, è contemplato ma solo in estrema ratio.
Codice della Crisi d’impresa: cosa cambia
Le modifiche introdotte dal D.Lgs n. 14 del 12 gennaio 2019 coinvolgono in maniera diretta aziende e imprenditori. Sapere cosa cambia è fondamentale per non incorrere in errori, e per tramutare le nuove direttive in ciò che si prefiggono di essere: opportunità per ridurre il rischio aziendale. Le prime disposizioni sono entrate in vigore a marzo, a soli trenta giorni dalla pubblicazione del decreto in GU. Le altre, che prevedono adeguamenti sostanziali e un periodo di monitoraggio, saranno attive dal primo settembre 2021, salvo quanto previsto al comma 2.
L'organico intervento riformatore del sistema delle procedure concorsuali, attuato con il decreto legislativo n. 14 del 2019, ha come obiettivi principali quello di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà dell'impresa, nonché quello di salvaguardare la capacità imprenditoriale, creando le condizioni affinché l'imprenditore possa avviare, in via preventiva, le procedure di ristrutturazione volte a evitare che la crisi diventi irreversibile nell'ottica - privilegiata dal legislatore riformista - del risanamento dell'impresa e della continuità aziendale.
L'attuale quadro macroeconomico, tuttavia, potrebbe di fatto vanificare una delle novità più rilevanti introdotte dal Codice della crisi d'impresa, ovvero il sistema delle c.d. misure di allerta, funzionali a consentire l'emersione anticipata della crisi.
Indici di allerta
Cosa sono e a chi si applicano
Gli indici di allerta, introdotti dall’articolo 13, sono indicatori in grado di determinare in maniera predittiva se un’azienda sta affrontando uno stato di difficoltà economico-finanziaria, che rischia di tramutarsi in una condizione di debito e nell’incapacità di pagare i propri creditori. Sono indici di tipo finanziario, patrimoniale ed economico, in grado di allertare, appunto, l’imprenditore e gli enti creditori, del potenziale rischio d’insolvenza da parte dell’azienda, prima ancora che si verifichi. Si riferisce a imprese di qualsiasi tipo a eccezione delle grandi imprese, di gruppi di grandi dimensioni, e società con azioni quotate su mercati regolamentati.
Quali indici monitorare per prevedere situazioni di crisi
- Il rapporto tra risorse finanziarie generate e posizioni debitorie, il controllo dei flussi di cassa. In poche parole, la capacità di produrre capitale finanziario.
- La solvibilità, ovvero se l’azienda possiede o meno le risorse finanziarie necessarie a coprire la normale attività, e a sanare i debiti contratti nel rispetto delle scadenze pattuite.
- Struttura del capitale, ovvero tipologia e durata delle fonti finanziarie; flessibilità degli Assets.
- Velocità di recupero del capitale circolante: in quanto tempo le spese sostenute per l’acquisto delle materie prime e dei materiali rientrano attraverso gli incassi del venduto
- Profittabilità: capacità di generare margine in rapporto al venduto
Un monitoraggio costante di questi aspetti, attraverso strumenti professionali, permette all’imprenditore di individuare il punto di rottura economico, in cui l’impresa inizia generare perdite operative.
Procedura di allerta
La procedura di allerta può essere avviata a fronte segnalazione interna o esterna.
La segnalazione interna all’azienda impone all’imprenditore di attivarsi per adottare gli strumenti previsti dalla normativa per il superamento della crisi, con l’obiettivo di rimuoverne le cause o di attenuarle, richiedendo se necessario, l’intervento dell’OCRI.
Le segnalazioni esterne possono pervenire, invece, dagli enti creditori cui la legge impone l’obbligo di segnalare l’azienda a fronte di determinati indicatori:
- Debiti di natura fiscale (segnalati dall’Agenzia delle Entrate)
- Debiti contributivi e previdenziali (rilevati dall’Inps)
- Crediti in riscossione (segnalati dall’agente incaricato alla riscossione)
Un monitoraggio costante di questi aspetti, attraverso strumenti professionali, permette all’imprenditore di individuare il punto di rottura economico, in cui l’impresa inizia generare perdite operative.
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